La citogenetica molecolare

La citogenetica molecolare costituisce un’utilizzazione della specificità dell’accoppiamento base a base della molecola di DNA per identificare con precisione un intero cromosoma o un suo semplice frammento. Il principio della ricerca è basato sull’impiego di una sonda molecolare, cioè di una piccola sequenza di DNA (o di RNA), la cui posizione normale è nota nel genoma, e che viene marcata chimicamente in modo da poterla facilmente reperire in seguito. Questa sonda viene posta in contatto con i cromosomi in metafase o anche con i nuclei delle cellule in inferfase ( non in divisione mitotica) e si ibrida, cioè si fissa, specificamente a livello della sua sequenza complementare. Si può così visualizzare la sonda al microscopio, e la sua posizione identifica con precisione la regione cromosomica cui essa è complementare. Le sonde vengono marcate sia con una molecola fluorescente, sia con un aptene, molecola che non può essere riconosciuta da un anticorpo. Nel primo caso la sonda è direttamente visibile al microscopio a fluorescenza, mentre nel secondo è indispensabile una tappa supplementare di ricerca con un anticorpo fluorescente.

Citogenetica molecolare: l’interpretazione del risultato

– ibridazione su metafase: il risultato è preceduto dalla sigla ish, che sta per in situ hybridization. Se è stato realizzato anche un cariotipo standard, il risultato dell’ibridazione viene elencato in seguito, separato da un punto, per esempio:
46,XY.ish 22q11.2(D22S75x2);
– ibridazione su nucleo interfasico: il risultato è preceduto dalla sigla nuc ish, che sta per nuclear in situ hybridization;
– ibridazione su fibra di DNA; il risultato è preceduto dalla sigla fib ish, che sta per fiber hybridization.

Il risultato è costituito dal nome del cromosoma analizzato (precisando eventualmente l’anomalia evidenziata), della regione esaminata, seguiti tra parentesi dal nome della sonda o del locus e dal suo stato (presente o assente). Nell’esempio qui sotto riportato, il risultato indica un cariotipo maschile normale in citogenetica convenzionale (46,XX) e la presenza di due segnali ottenuti con la sonda D22S75 (“D22S75x2) localizzata in 22q11.2. Per il “painting”, la sigla utilizzata è wcp (whole chromosome paint) per il painting dell’intero cromosoma, o pcp (partal chromosome paint) per il painting di frammenti cromosomici. Quando vengono impiegate più sonde, esse sono separate da una virgola.

Cariotipo, FISH e analisi molecolare
Ogni specie vivente ha un assetto di cromosomi caratteristici per numero, lunghezza e forma. Il cariotipo non è altro che l’insieme dei cromosomi di un individuo, e la sua analisi consente di rilevare la presenza di eventuali anomalie numeriche o strutturali.

Il DNA, cioè il nostro materiale genetico, è analizzabile al meglio durante la replicazione (mitosi), in particolare durante una delle fasi, detta metafase. Durante la metafase i cromosomi si presentano come strutture molto ben definite e facilmente riconoscibili al microscopio, proprio quello che serve per analizzare il cariotipo. Le cellule umane vengono bloccate nello stadio della metafase, e i cromosomi contenuti vengono colorati e trattati con sostanze che reagiscono in modo selettivo a determinate aree del cromosoma, producendo il tipico aspetto a bande (bandeggio) – bande Q, G o R in funzione della tecnica impiegata. I cromosomi così preparati vengono osservati al microscopio e vengono contati, analizzati e fotografati per venire appaiati in funzione delle loro dimensioni, della posizione del centromero – la strozzatura centrale del cromosoma – e del bandeggio. Il risultato di questa analisi è il cariotipo, che consente di diagnosticare la presenza di malattie genetiche come la Trisomia 21 (sindrome di Down), le anomalie dei cromosomi sessuali come la sindrome di Klinefelter o di Turner e di altre sindromi che anche se più rare sono ugualmente molto gravi, come la sindrome di Edwards ( trisomia cromosoma 18) o di Patau ( trisomia cromosoma 13). Inoltre, il cariotipo evidenzia anche la presenza di anomalie strutturali generate dalla rottura dei cromosomi, ove la perdita di materiale genetico può essere all’origine di significativi quadri patologici.

Per quanto rare le mutazioni, cioè le modificazioni del materiale genetico, provocano una perdita o un cambiamento della funzione dei geni causando alterazioni individuabili con l’analisi DNA, quando invece le alterazioni coinvolgono la struttura dei cromosomi o il loro numero, l’esame cromosomico, cioè il cariotipo, consente di scoprirle. Le anomalie cromosomiche possono essere costituzionali, cioè innate, oppure acquisite. Le anomalie cromosomiche costituzionali, le più diffuse, hanno origine nello zigote, la cellula che deriva dall’unione dell’ovulo con lo spermatozoo che in seguito a divisione si trasforma in embrione; anomalie cromosomiche di questo genere possono essere presenti in tutte le cellule dell’organismo (corredo omogeneo), oppure solo in una certa percentuale di cellule (corredo a mosaico), mentre le anomalie cromosomiche acquisite si estendono solo a un tessuto o a un organo specifico, sono presenti solo nelle cellule somatiche e soprattutto si instaurano dopo la nascita, poiché sono dovute all’azione di mutageni ambientali come le radiazioni ionizzanti, i virus o alcuni agenti chimici. Il cariotipo si effettua con prelievo di sangue venoso, senza necessità di digiuno.

Nel caso di anomalie molto piccole il cariotipo può non essere sufficiente ad evidenziarle, si ricorre allora a una tecnica nota come ibridazione in situ o FISH, che impiega frammenti di DNA (sonde) marcati con sostanze fluorescenti, capaci di legarsi in modo selettivo a un certo cromosoma o a una sua porzione, e di evidenziare così il difetto. L’analisi consiste nell’osservare se la sonda specifica per un dato cromosoma di cui si ricerca la presenza – per esempio il cromosoma 21 della sindrome di Down – si lega a quel cromosoma, confermandone la presenza. Tuttavia, l’analisi dell’intero corredo cromosomico di un individuo non è in grado di evidenziare la presenza di geni difettosi, e in questo caso la diagnosi delle malattie geniche viene affidata alle tecniche molecolari di studio del DNA note come PCR.

Nello studio dell’infertilità, le polisomie del cromosoma X maschile e alcuni riarrangiamenti strutturali del cromosoma Y e degli autosomi (i cromosomi non sessuali) possono essere causa di oligospermia, mentre nelle donne la presenza di un solo cromosoma X ma anche molti riarrangiamenti strutturali di questo cromosoma sono causa di disgenesia gonadica con conseguente amenorrea (assenza di ciclo mestruale) primaria o secondaria, eventualmente associata a un fenotipo (l’espressione dei geni sotto forma di un carattere fisico rilevabile) Turneriano.

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